Uno sgabello in legno, collocato fuori dal terreno ma molto vicino al suo perimetro, sul lato corto, pare essere l’unico oggetto presente ma non l’unica presenza, perché mettendosi in ascolto si avvertono il cinguettio di alcuni uccelli, il fruscio del vento tra gli alberi, piccoli colpi (a tratti insistenti), battiti ripetuti, uno strofinio, il rumore di qualcosa che viene grattato o strappato, passi.
Nonostante l’ambiente sia popolato di suoni, Il giardino di mio padre. Gli oggetti sotterrati (2019), opera site specific realizzata da Viel appositamente per il PAC, è un lavoro sul silenzio e, con maggiore esattezza, sul silenzio accumulato tra un padre e un figlio, che porta con sé riflessioni sull’identità di genere maschile e sulla difficile eredità simbolica del patriarcato. Un’eredità scomoda, con cui fare i conti.
In occasione della 15° Giornata del Contemporaneo Viel ha realizzato la performance Il giardino di mio padre. Gli oggetti sotterrati, dedicata al padre e alla sua scomparsa.
L'artista entra nell’installazione e inizia a perlustrare il giardino, a misurarne a occhio la superficie, a smuoverne il terreno in un tentativo di trovarvi i reperti tardivi di un contatto tra due uomini: si sposta da un punto all’altro, di tanto in tanto si inginocchia e usa le mani per cercare e dissotterrare oggetti che lascia provvisoriamente sulla superficie per poi tornare a sotterrarli, insieme agli altri emersi nel ripetersi di questi gesti. Quando esce dal terreno, tutti gli oggetti sono stati risotterrati.
Ad azione finita, e per tutta la durata della mostra, i visitatori, ascoltando l’intervento sonoro ambientale, possono percorrere o osservare il giardino, sedersi sullo sgabello e restare a guardare il vuoto paesaggio.
Completa l’installazione un grande foglio di semplice carta bianca, incorniciato, sul quale Viel ha elencato a mano tutti gli oggetti sotterrati nel giardino.